Opera in Tre Quadri
per

LUIGI MANCINELLI

Libretto per TOBIA GORRIO (Arrigo Boïto)

(1896)


Personaggi

Ero, Sacerdotessa di Venere. (Soprano)
Leandro, d'Abìdo. (Tenore)
Ariofarne, arconte di Tracia e Re dei sacrificî. (Basso)

CHORISTI E CORIFEI.
Sacerdotesse, Sacerdoti, Marinai, Pugili.

ATTO I. Il tempio di Venere.
ATTO II. L'Afrodisio.
ATTO III. La Torre Della Vergine.

La tragedia ha luogo a Sestos, città marinara della Tracia in riva all'Ellesponto.

Tempi eroici.

Note: Mancinelli's Ero e Leandro was never recorded in its entirety. Sections are available from an LP produced in 1974 from an earlier concert that are presented here in MP3. Clicking on the null logo will open up a separate window and allow you to follow the music. Performers in this recording are noted here.

There were sections of Act II that were recorded by Lionel Mapleson, live, in 1903, and are excerpted as sound files in the text, and feature the Metropolitan Opera Chorus. Mapleson also recorded Ero's aria from Act III sung by Johanna Gadski that do not appear here.

An English translation of the libretto is available at " Bob's Digital Archive" here, and the piano/vocal score is available at Archive.org.

It does not appear than any performances of Ero and Leandro were staged since 1905 (perhaps 1913); Jakob Lehmann's Performance History is available here.

Prologo.
PROLOGO: Canto la storia di Leandro e d'Ero,
Su cui son tanti secoli passati,
Amorosa così, che nel pensiero
Ritornerà de'tempi ancor non nati,
Eterna come il duol, come il mistero
D'amore che ne fa mesti e beati,
Fiore di poësia, tenero fiore
Che, irrorato di lagrime, non muore.

Canto pei cuori inamorati, canto
Per gli occhi vaghi e per le guancie smorte,
Per quei ch'hanno sorrso e ch'hanno pianto
In un'ora di vita ardente e forte. L'antico amor ch'io narro fu cotanto
Che sfiò il mare, i fulmini e la morte.
Udite il caso lagrimoso e fero.
Canto la storia di Leandro e d'Ero.


Eugenia Mantelli, contralto, the first NY Met's Prologo in Mancinelli's Ero e Leandro.

(recording ends.)


ATTO PRIMO


Il Tempio di Venere.

(Nel fondo un lato del portico anesso al tempio di Venere, a sinistra la facciata del pronao. La scena è a cielo scoperto. Mirti, cipressi, platani, oleandri, verdeggiano davanti alle clonne e da tutti I punti della scena. Nel mezzo la statua di Venere, a destra la statua d'Apollo. La porta del pronao è aperta, vi sarà un' aa ardente sulla soglia. Nel fondo, attaverso un intercolonnio del portico e dove le fronde si diradono, si vedrà un lembo di mare tranquillo e d'orrizonte; la stella Venere brillerà sul mare. Ricorronto le afrodisie, feste della Dea. All'alzarsi della tela il Coro è in parte chino, in parte prostrato verso la porta del tempio adorando. Sulla soglia del tempio sono disposte delle ghirlande, delle offerte votive, dei calici d'oro, delle conchiglie, dei rami d mirto; tre tempieri ed un neòcoro staranno sulla porta del pronao ad alimentare il dumo dell'incenso. — Luce d'alba.)

SCENA PRIMA. Coro di Sacerdotesse e Marinai.

SACERDOTESSE: Venere Urania!

MARINAI: Venere Marina!

SACERDOTESSE: Ciprigna!

MARINAI: Citerèa!

SACERDOTESSE: Afrodite!

MARINAI: Astartèa!

SACERDOTESSE: Stella

MARINAI: Regina!

TUTTI: Dea!
L'inno s'innalzi per le vie dell'etra
Col fumo della mirra e dell'incenso,
Col suon che vibra dall'eterna cetra
Dell'orbe immenso,
E colle visïoni
Dell'estasi e col vol
De' fatidici alcioni,
E Coll'aurora fulgida del sol.

L'inno s'innalzi per l'etra serena,
Astro di suoni dall'amor sospinto.
Spiri l'eolio flauto e l'avena
Di Berecinto e l'ondeggiamente mare
Palpiti com un cuor.
L'anfore, l'arpe, l'are
Di mirto si ghirlando e di fior.

SACERDOTESSE: Te Bëata cantiam, trïonfatrice
De' Numi e de mortali! a noi tu guata
Dalla tua sfera ridente e felice,
O Dea beata!

MARINAI: Le labbra d'amorosa aura cocenti
Ai baci arguti e alle blandizie incita,
Ingentilisci I giorni oscuri e lenti
Di nostra vita.

TUTTI: Scendi, Venere, scendi infin che lude
La moribonda voluttà del canto.
Delle tue forme sfolgoranti e nude
Svela l'incanto,
E per le azzurre linfe
E per l'azurro ciel
Vengan teco le ninfe,
L'Amor, le Grazie dal fluente vel.

(La scena si sarà rischiarata.)

SCENA SECONDA. Ariofarne, Ero, Leandro, Marinai, Sacerdotesse.

(Fanfana sacra. —Entra Ariofarne; lo seguono Ero con alcune sacerdotesse, Leandro coi pugili vestitio all' asiatica. —Tutto coro si prostra ad Ariofarne che s'arresta davanti alla statua della Dea, imponendo silenzio alla fanfara.)

ARIOFARNE: Cessin gli squilli ed alle sacre trombe
Sacro segua il silenzio. Si ridesta
Già l'alba in ciel, e l'ultim' alba è questa
Che l'annuo rito celebrar c'incombe.
(A un sacerdote).
Porgi il calice d'oro e fino al margo
Lo colma di Lièo. (Ad Ero.) Tu il mirto appronta.
(Alzanda il calice e il mirto.)
La regina di Gnido e d'Amatonta
Propizia sia mentre l'offerta spargo.
(Sparge il vino sull'ara.)

Spargo, o Dea, d'eletto vino
L'ara e I marmi
E il cratere augusto inclino
Sull'altar.
Fra I libiami, I fiori, I carmi
Col divino
Riso, Venere, a bearmi
Vien dal mar.

Fa che s'orni del tuo raggio
La mia fronte;
Fa che splenda in me il miraggio
Dell'amor.
Così in vetta all;aspro monte
Fra il selvaggio
Dumo, nasce il fonte,
Sbuccia il fior.

Or s'inneggi ai mortali. Il tempio e l'urbe
Odan la voce mia. V'oalzate, o turbe.
(Il Coro si alza Ariofarne, accennando Leandro.)
All'eroe della cetera e del gladio,
Al vincitor delle afrodise, al prode
Trïonfator del combattuto stadio
Ergete un' ode:
A Leandro d'Abìdo.
(Ad Ero) Tu, la più bella del leggiadro coro,
Colla più bella delle tuecorone
Cingi il crine al garzon, e sia d' allôro.

(Ero depone gentilmente una corona d'allôro sulla testa di Leandro, mentre risuona il seguente coro: )

MARINAI: A Leandro d'Abìdo allôro e palme!
Ei coll' ira del par che coll' amor
Rapisce l'alme.
A Leandro d'Abìdo e palme e allôr!

ERO: Coronato di gloria eccoti, o forte!
Alteramente il capo tuo si posa
Sotto il serto Penejo e le ritorte
Fronde di quercia e la vermiglia rosa.
Triste colui che l' ora della morte
Vede appressar sulla terrena landa
E che non has, siccome te, pe sorte
Di portare sul crineuna ghirlanda.

LEANDRO: Coronatrice mia, più eletto vanto
Giammai quaggiù trïonfator non ebbe.
E tanta possa la tua man mi crebbe,
Che al tuo parlar risponderò col canto.
(Piglia la cetra.)
M'arde talor disio di cantar l'ira
Del divino Pelide,
Ma la cetra sospira:
Amore!—E invano io muto il pletro
E le vocali corde e il canto e il metro
Insidiatore,
Sempro la certa mia sospira Amore!

SACERDOTESSE ED ERO: E tu canta l'amor, mentre d'intorno
Ti pingerem sorrisi
D' intenti visi
E mentre schiara la sua luce il giorno.

LEANDRO:

(Anacreontica)

Era la notte; ombravano
Le nubi erranti e brune,
Sui talami e le cune

Pioveano I sogni d'ôr.
Ed ecco al mio tugurio
Batte gemendo Amor: Apri la porta è torbida
La luna e l'aër crudo;
Son fanciuletto e nudo,
Così non mi lasciar,
Fa ch'io m'avvivi al tiepido.
Raggio del focolar

Pietà mi spinse, al pargolo
Trassi, ei vêr me movendo
Ne lo vedea, piangendo,
Scarmiglïato in crin.
Io lo conforto e suscito
La vita al fanciullin.

Ma come appena ei vedisi
Del suo dolor discarco,
Ecco, ei s'avventa all'arco,
Teso vêr me lo tien,
Scocca la freccia... e il perfido
Già mi ha trafitto il sen.

CORO: A Leandro d'Abìdo allôro e palme!
Ei coll' ira del par che coll' amor
Rapisce l'alme.
A Leandro d'Abìdo e palme e allôr!

ARIOFARNE: Ite, sacerdotesse, a rinnovare
L'offerta della mirra e dell' incenso,
Alimenti dell'are,
Ma finchè non s'udran le sacre trombe
V'è tolto il ritornar, sarebbe infausto
Qui addurre il piè pria di quel segno.
(La sacerdotesse escono.)
Io sento
Un aura dolce, prenunzia del Nume,
Quasi alïar di ventilate piume.
Questo il momento
E degli uffici arcani.
(A Ero) Ero, qui resta tu. (Ai marinai, al popolo:)Ite, profani.

SCENA TERZA. Ariofarne e Ero

ARIOFARNE: Donna, hai scelto? manifeste
Son tue mire? Il cor ti mena
Alla Venere celeste
O alla Venere terrena?
Parla.

ERO: Ho scelto. Aspiro all'ombra
Del sidero e casto vel,
Che il pudico grembo adombra
Della Venere del ciel.

ARIOFARNE: Bada, o folle! E non paventi
D'Ariofarne il genio fiero?
Tu non sai che fiel diventi
Un amor deriso e altero.
(Ironicamente: )
Tortorella! dal tuo nido
Scacci l'avido sparvier?...
Ho gli artigli e ti conquido,
Su di te saprò cader.

ERO: (Serenamente: ) Quella fulgida fiamella
Vedi là sul mar che danza?
E di Venere la stella,
E una stella di speranza.
Del suo lume circonfusa
Un'aurora al cor mi vien,
Una pace ampia e diffusa
In un fulgido seren.

ARIOFARNE: (Con ira:)Pensa, pensa, la folgore romba!
Pensa pria che s'arresti la sorte.

ERO: (Sdegnata: ) Del tuo bacio men tetra è la tomba,
Del tuo riso men buia è la morte.

ARIOFARNE: Son l'arconte possente e selvaggio,
Fu più volte il mio sdegno fatal.

ERO: (Fa per uscire:)Nulla io temo. M'illumina an raggio
Che non spenge possanza mortal.

ARIOFARNE: (La tratienne con forza e con passione)
Ferma! un ultimo instante. Deh! aspetta!
Mi sorridi, sembiante divin!
(Con cupa solennità: )
Vuoi vendetta od amore?

ERO: Vendetta!

ARIOFARNE: (Con accento fatale: )
È segnato il tuo buio destin.

SCENA QUARTA. Ero, sola.

Ero: (sola; assorta ne'suoi pensieri s'avvia verso l'altare.)
Segnato è il mio destin? Ei lo ha segnato,
Quell'uom malvagio?
Io folle sono; il Fato
Non è cosa dell' uom. Cerco un presagio.
(Vede una concchiglia sacra fra le offerte dell' altare, la coglie, la scruta religiosamente, poi l'avvicina all'orecchio)
Conchiglia rosea
Del patrio lido,
Piccolo nido
Del vasto mar.
Dell'alma Venere
Culla e flottiglia,
Rosea conchiglia.

In te ricirculano
Mille volute
Che fan che mormorino
Fin l'aure mute.
Tu canti e sfolgori,
Coro fra I cori,
Oro fra gli ori
Del sacro altar.

L'api che ronzano
Fra gli oleandro,
Ne' tuoi meandri
Odonsi ancor.
Un trillo eolio
In te bisbiglia,
Rosea conchiglia.

Entro ti palpitano
Le nettunine
Ninfe, che avvinvolansi
D'aglia il crine,
E tutti I zeffiri
Pel cielo erranti
E tutti I canti
Del pescador.

Dimmi l'oracolo
Di mia fortuna,
Tu della duna
Eco e splendor.
Parla la vergine
Cupida origlia,
Rosea conchiglia.

(Avvicina l'orecchio alla conchiglia e rimane come côlta da orrore, da visione profetica.)
Parla... e che? turbinano
Sconvolte l'onde!
Crollan... rigurgitano...
Alte e profonde.
E sull'equorea
Terribil ira
Piomba la dira
Furia del tuon.

Orror profetico!
Rombo bïeco!
Teribil eco!
Ria visïon!
Fuggi! ho una lagrima
Sulle mie ciglia,
Tetra conchiglia.

(Getta la conchiglia inorridendo.)

SCENA QUINTA. Ero, Leandro, e Ariofarne.

(Leandro penetra occultamenta dal fondo della scena e contempla Ero. Ariofarne, che ritorna dalla parte opposta, lo scoge. Il seguente dialogo fra Leandro e Ariofarne avrà luogo tutto nel fondo a voce bassa. Ero si sarà seduta in un canto della scena preoccupata nei suoi presentimenti e non vede I due che parlano.)

ARIOFARNE: Riconosco I numidici corsieri
Al volo gaglïardo, ed al turbante
I siriaci guerrieri,
E riconosco il giovinetto amante
(A Leandro con ironia.)
A un segno malïardo
Che il miserello porta nello sguardo.

LEANDRO: (A parte) (Perduto io son.)

ARIOFARNE: Nel varcar queste porte
In ora vïetata
Sai che affronti la morte?

LEANDRO: (Fiero.) Il so, nè temo.

ARRIOFARNE: Adolescente eroe,
Tu merti il mio perdona, all'adorata
Fanciulla io t'abbandono.

LEANDRO: (Ahimè! vacillo.)

ARIOFARNE: Sì audace per la morte e sì pusillo
Per l'amore! Fa cor. Di Dafni e Cloe
Rinnovellisi il caso e quello stesso
Fuoco vorace la vergine accenda
Che in te balena adesso (Si allontana—)
(Soltano allor vendetta avrò, tremenda.) (—Esce.)

SCENA SESTA. Ero e Leandro.

- Idillio. -


LEANDRO: (Accostandosi ad Ero.)
Ero soave dal volto celeste,
Sulle tue guancie una stilla, perchè?

ERO: Leandro pio dalle pupille meste,
Tu perchè vieni amabilmente a me?

LEANDRO: Vengo a te, perchè al fior d'una giunchiglia
Chiesi se m'ami... e mi ripose: no.

ERO: Piansi perchè un'eburnea conchiglia
Voce mi diede onde il mio cor tremò.

LEANDRO: La conchglia mentì...ma non il fiore.

ERO: Sugli oracoli incombe alto mister.

LEANDRO: Se parla Amor non ha misteri il core.

ERO: Se parla il core ha misteri il pensier.
Vedi, misterïosa è la vïola
Sott' all'erbe e nell'arnia è ascoso il miel.

LEANDRO: (con efusione) Dolce pensiero vuol dolce parola,
Scopri il tuo cor poich' è scoverto è il ciel.
Ben tu sveli la pompa delle chiome
Mostrando I bei biondeggiamenti al sol.

ERO: O come guati... o come parli ... o come
Stringi la man più che pietà non suol!

LEANDRO: Il daino morde al fiorente citiso,
L'ape vola alla rosa e l'onda al piano,
E il mio viso s'affige nel tuo viso,
E la mia man ricorre alla tua mano.

ERO: Dalle tue labbra sgorga la favella
Più d'un anfora dolce e più vital.

LEANDRO: Per mille aspetti mille volte bella,
Virginalmente candida e fatal.
Ahi! Perchè nacqui sull' opposto lido
| D'Asia, cui rode eterno mareggiar!
|
| ERO: Odio il mare che sta fra Tracia e Abìdo.
Ahi! mar crudele! ahi! spaventoso mar!

LEANDRO: E per quest'odio io t'amo e dei profondi
Flutti disfido l'invido furor.
Nel nostro bacio s'uniran due mondi,
Due mondi s' ameran nel nostro amor.

ERO:

Leandro! spende l'etere
Al par d'un orifiamma!
E mi trasporta l'estasi
Nel raggio d'una fiamma.
Spra su me l'ambrosia
Del Nume ed un novel
Vibra sonoro palpto
Nel sol, nel mar, nel ciel.

LEANDRO:

Ero! il sembiante magico
Figgi alla mia pupilla,
È là che la tua immagine
Più vagamente brilla.
Dal tuo bel viso piovemi
Una serena al cor
Soavità di balsami,
Melanconia d'amor.

(recording ends.)

(Si ode la fanfare di Arofarne. Ma Ariofarne sarà già entrato in scena e si sa, à nascosto dietro la statua di Apollo.)

ERO: Scende dal colle la fanfara sacra
Che il popola raduna. Ah! fuggi, fuggi ...
È Ariofarne con essa.

LEANDRO: (Svelle un fiore di Leandro da un arbusto )
Anco un instante...
Questo fiore ch'io svelgo ti rammenti
Il mio nome e l'amor.

(Esce.)

SCENA SETTIMA. Ero, e Ariofarne.

ERO: Un dolce sogno
Sognai .. che fu?
(La fanfara s'avvincina.)
Pur la fanfara ascolto
Che s'avvicina. Nel mio seno, o fiore!
(Prostrandosi davanti alla statua d'Apollo. )
Nume fatale... al mio spirto sconvolto
Splenda la tua parola, e dell'amore
Che in cor mi nacque, svelami la sorte:
Qual è l'oracol tuo? Favella.

ARIOFARNE:
(Con voce cavernosa dietro il simulacro, senz'essere visto daa Ero.)
Morte!

(Ero fugge inorridita. Ariofarne la guarda fuggire con atteggiamento feroce. La fanfara squilla frago-rosamente. )

Cala la Tela.


Atto Secondo

L'Afrodisio

(Parte del tempio di Venere consacrata ai misteri, splendidamente illuminanto da candelabri e da torcie. Ariofarne, confulgida pompa di vestimenti, seduto su d'un trono. Ero e Leandro discosti. Presso Ariofarne schieati: un Jeofante coperto di porpora e col diadema, il Dadùco portante una fiaccola, l'Epibomo il quale erge sulle braccia una piccola statua d'argento della Dea, l'Idràno coll'acqua della purificazione, i Cantori, i Citarèdi, quattro Ierauleti coi flauti sacri, le trome sacre, I Pirofori coi tripodi ardenti. Nel fondo l'altare di Venere altissimo, più bassi gli altari d'Apollo e di Bacco.)

Scena: Ariofarne, Ero, Leandro, e Coro.

CORO: Ave, o stella vagabonda
Dei tramonti e degli albor.
Or sui monti ed or sull'onda
Disfavilla il tuo fulgor.
Il tuo raggio, in cui s'aduna
Ogni gaudio ed ogni duol,
Una lagrima alla luna
E un sorriso aggiunge al sol.

Ave, o Dea! del nostro sangue
Tu sei balsamo e velen.
Lieto è l'uom che per te langue
Col tuo fascino nel sen.
Sei nel pianto e fra le strida
Benedetta, o Dea d'amor;
Ave, o Venere omicida!
Lieto è l'uom che per te muor.
ARIOFARNE: (Dopo il coro, alzandosi.)
O popolo di Venere! formose
Sacerdotesse, sacerdoti, udite.
Io vi convegno ad un antico rito.
(A Ero che s'accosta.)
Ero gentil, t'appressa. ( Fra se.) (Ah, per l'Averno,
Non mi sfuggi.) (A tutti) La Dea parlà l'olimpia
Favella sua si disascose e disse:
"In mezzo al mar siede un'antica torre,
La torre della Vergine chiamata

The original costume design for Ariofarne in the 1903 Metropolitan Opera's production of Ero e Leandro

Nel secol d'oro e là, nuda sul baratro
Spumante sta, fra gli scogli e le cicladi
Dov'è più irremeabile Ellesponto."
Negli aurei tempi vergine romita
"Ivi la casta Venere adorando"
Sacrificio pudico ai Numi o offriva
Delle intatte sue forme, "e quella pia
Degli amori del mondo espïatrice,
Bastava sola conun suo sospiro
O con un suo sorriso a far placata
L'invidia dell'Olimpio e a serenare
La tempesta dei flutti. Affinchè torni
La prima etade e l'universo biondo
Per ubertose messi, io vo'che il rito
Della Vergine s'innovi e che la torre
La sua vittima accolga." E disse e sparve.

(Tutte le parole chiuse da parentisi, Ariofarne le mormora occultamente a Ero; il resto lo dice con voce alta e sonora, perchè sia udito da tutti.)

Ora a far pieno il vota della Dea... (A Ero.)
Ero gentie (ti penti), t'avvicina.
(Vedi ove tendo? hai tempo ancor.) Sull'ara
Sali con me (O in un carcere eterno
O nel talamo mio... scegli, è ancor tempo).

ERO: (A bassa voce ad Ariofarne, tentando svincolarsi.)
(Lasciami, infame!)

ARIOFARNE: (Ad alta voce con serenità)
Ardano l'ambre e odori
La rosa di Lièo. (Se fuggir tenti,
Qui ti bacio le labbra.)

ERO: (Inorridendo.)
(Orror! Leandro!)

ARIOFARNE: E sulla lidia cetra il bel Leandro
Sospiri un'ode. (Scegli... scegli...)

ERO: (Il carcere.)

ARIOFARNE: (Con voce tonante ad Ero.)
Tu la Vergine sei.

LEANDRO: (Si scaglia contro Ariofarne.)
Dalle mi braccia
Pria ti difendi ! ...

ARIOFARNE: Tu sacrilegio!

ERO: (Atterrita.) O Numi!

ARIOFARNE: L'arrestate, guerrieri...

LEANDRO: Il mondo, il cielo,
Selvaggio arconte, e la tua rabbia io sfido.
Quello vergino io l'amo.

ARIOFARNE: ( Ai Soldati.)
Il suo vigore
Col numero si fiacchi.
( Leandro è atterrato dalle guardie.)
Ah! tu gareggi
Con Ercole alla lotta, eppur sul suolo
Eccoti, o forte. (Alle guardie.)
Etr'oggi egli sia reso (Alle L'Ellesponto, l'attenda orrenda morte).
Date principo, o sacerdoti, al rito.

(Ero è rimasta sull'altare immobilzzata dal terrore Ariofarne la orna cogli oggetti sacri. Leandro è circondato da un gruppo d'armati. )

O sacra vergine,
Le chiome d'ore
Coll'acqua magica
Spargo ed irroro.
Ridi e l'olimpica
Gioia preliba,
All'aureo calice
T'appressa e liba.

Le perle pendule
T'ornino il crine,
Limpide legrime
Oceänine.
Cingi la fulgida
E il velo argenteo,
O te beata.
(Con accento sinistro: )
(spesso dai culmini
Del tuo manier
Ti desti l'ululo
Dello sparvier.)

ERO: (Come trasognata.)

(Più presso al limpido
Cielo profondo,
Lontan dal torbido
Fragor del mondo,
Vivrò in un mistico
Sogno seren,
Ma, o Dei! salvatemi
Leandro almen.)
ARIOFARNE:
(Perduta! o lagrime
Sgorgate! o cuore
Ti frangi! un esule
Son dell'amore.
Già un vasto oceano.
Sul mio tesor
Si chiuse e un carcere
Si chiude ancor.)
CORO:
Beäta vittima
Del casto vel,
Per te già spirano
L'aure del ciel.
ARIOFARNE: Ed ora agli anatèmi. (A Ero.)
Giura! Giura!
Giura! per l'atre porte
Di Pluto e per la Morte!
Che resterai celestialmente pura. Giura.

ERO: (Con voce fievole.)
Ho giurato.

ARIOFARNE: E se il giuro fatal sia vïolato,
E se penètra
L'orma d'un uom a profanar tua calma,
Contra il nudo tuo sen pietro su pietra
Sarà scagliata,
In fin che la tua salma
Dilanïata
Spaventi il ciel sulla spïaggia tetra.
(Silenzio d'orrore.)

(Accennandoa Leandro, il quale è trascinato dalle guardie.)
S'allontani quell'uom. — La luna sorge,
Rimbombi alfine il cantico dell'orgie!

(Sorge la luna, ii suo disco luminoso irradia l'orgia e contrasta colle fiaccole e coi doppiere accesi. Ero, coperta col velo d'argento, ritta sull'altare, domina virginalmente il baccanale.)

CORO DE DANZA:

Peàna! Peàna! — s'afferri la coppa
Che il seno di Venere— fremendo plasmò!
Già l'orma che impresse—l'olimpica poppa
D'aromi e di vivido—delirio e canzone
Fuggevole e vana.
O Venere!
O Adone!
Peàna! Peàna!

Cala la Tela.


Atto Terzo.

La Torre Della Vergine.

(Interno della torre. Ottagono. Nel lato obliquo, a sinistra, un alto e vasto verone. Alla destra, in fondo, una rampa che discende e fora il pavimento, indica essere ivi l'unico egresso della torre. Le muraglie sono annerite dal tempo e spoglie. Nel mezzo della scene è un giaciglo coperto da una pelle di leopardo. Poco discosto sta un vasto tavolo, sul tavolo una face accessa, una clessidra, una conca marina formata in guisa di portavoce. Accanto al tavolo un sedile sul quale Ero siede, e osseva la clessidra. Notte. Un raggio di luna incerno penetra or sì or no dal verone. Il vento porta le voci lontate dal mare.)

Scena Prima. Ero, sola.


CORO INTERNO E LONTATO DI MARINAI:

La notte diffonde
Gl'incanti sul mar,
Tranquille e profonde
Vaporan le sponde,
La barca è una culla.
O vaga fanciulla,
Andiamo sull'onde,
Andiamo a sognar.

LA VOCE DAL MARE:

Risplendon di fòsforo
I flutti del Bòsforo...

UNA VOCE DAL MARE:

Già palpita e anela
Per estasi il cor;
La luna si vela
La luna si svela,
Son l'arche veliere
Al vento leggere;
La nave ha la vela
E il cuore ha l'amor.

LA VOCE DAL MARE:

Risplendon di fòsforo
I flutti del Bòsforo...
(Tutto rientro nel silenzio.)

ERO: Ellesponto! poetica laguna
Che la fortuna muta ad ora ad ora,
L'aurora della luna ti dia pace
Per questa notte. — tace il buio mondo.
(Si toglie un fiore dal seno.)
E te che ascondo nel sacro meandro
De' seni e porti di Leandro il nome,
Fior di soave arome egli ti scelse,
Per me ti svelse dai rami felici.
Nuove radici or pianta nel mio cuore,
Tenero fiore.

UNA VOCE LONTATA DAL MARE:
La luna s'asconde, Schivate le sponde.

ERO: (Meditabonda)
Torna talora a scuotermi un beato
Profumo del passato. Allora io penso,
E un canto immenso vibra, e l'alma ascolta.
Quand'ei la prima volta qui m'apparve
Col passo delle larve (e avea le stille
Nelle pupille a carità suàdi)
Mi disse: Sette stadi d'alto mare
Mi vietan di baciare il tuo bel viso,
Ma in cuore ho fiso di varcarli, solo
Che'm'asseconde e il volo fra le spume
Diriga un lume dalla torre. Ah! spento
Non sia dal vento, colla dolce palma
Tu la ripara, come fosse l'alma
Di chi t'adora. O notti! o rimembranze!
O sorrisi o speranze!

[UNA VOCE DAL MARE: (Lontanissima e prolungata.)

C'è un nuvolo nero
Sull'isola Eubèa.]
ALTRA VOCE: (Meno lontana)
All'erta nocciero,
Che vien la marèa.
ERO: (Sempre assorta nelle sue memorie.)
E fûr compiute poi le dolci nozze,
Ma il segreto connubio alcun poeta
Non inneggiò, nè s'allegrò per teda
La stanza marital nè per ghirlanda;
Non cantò gl'imenei la veneranda
Madre, nè il genitor, ma nel silenzio
Dell'ore elette a celebrar gli amplessi
Fur pronube le tenebre. L'Aurora
Mai non vide apparir sovra le piume
L'amoroso consorte; egli spirante
Le notturne carezze il mar risolca,
Pria che lo colga insidïoso il giorno,
Colle ondivaghe membra a sè medesmo
Nauta, remige e nave.

UNA VOCE DAL MARE: (Lontanissima.)

S'intorbida l'Orto,
Tornate nel porto.

(recording ends.)

ERO: Ombra! Notte! Mister!

Deserto è il mare.
Ha i suoi confini
Il desiderio mio! Cocente spira
Oggi il vento all'amor.
Cade una stella!
È il mio Leandro che si getta in mare!
Ecco... il lo scerno già coll'acuìta.
Pupilla del pensier... al lido ei move.
O visïon! dalle amorose membra
Con ambedue le man si tragge il manto
E al capo il si ravvolge e dalla sponda
Si spinge in mezzo ai flutti. O quella stella
Mi presagiva il ver.

(Guarda la clessidra, piglia la face e torna al verone.)
Consunta è l'ora.
Venga la face, ardo pur io con essa.

Splendi, splendi! erma facella,
All'occulto nuotator,
Come faro, come stella,
Sull'Oceano dell'amor.

Splendi, splendi! e nelle amare
Spume versi ambrosia il ciel ,
E diventi dolce il mare
Dove passa l mio fedel.

Splendi, splendi! o ninfe, o amori,
Ingigliate il suo cammin,
Fate inciampo sol di fiori
A quell'omero divin.

Splendi, splendi! e se ai marini
Solchi anelo e lasso ei vien,
Bianchi cigni e bei defilni
Reggan l'umido suo sen.

(La luna si seioglie dalle nubi.)
È desso! è desso! te bèata, o luna,
Perchè frangi le nuvole e rischiari
Il vago eroe nell'onde. È desso! è desso!
Coll'altera cervice arditamente
Ei signoreggia il fluttuär del mare.
Le palme or giunge a modo di preghiera,
Or le stacca rubesto. Ahimè! gli scogli
Ecco... egli affronta... Ahimè! l'esizio estremo
Pende su lui ... Marèa! marèa! marèa!
Tempra l'orgoglio de'culminei fiotti!
Ah! tu non sai qual fior d'amore ondeggi
Sulla tua furia... egli è là ... fra la rupe
E una terribil onda... ecco... ei la sfida
Coll'ardire d'un Dio. Numi! egli salvo!
Preme col piè la terra e si precinge
Col purpureo suo manto... della rôcca
Già corre alla scalata...
(A Leandro, parlandogli dal verone con voce ansiosa.)
O Sposo! o sposo!
Studia il passo, mio ben... La luna fugge,
Tenta con cauto piede ogni macigno...
All'edera t'appiglia... ah! no cadere! ...
Non cader nell' abisso... un passo ancora...
Mio Leandro! Leandro!

Secena Seconda. Ero e Leandro.

LEANDRO: (Balza dal verone in scena, ed è già fra le braccia d'Ero.)
Ero!

ERO: Leandro!

(Lungo silenzio; lungo amplesso.)

(recording ends.)

LEANDRO: Volto soffuso d'estasi,
Ho l'alma fra le stelle,
Piango di voluttà.
Si, dai beati rai
Piango, chè senza lagrime
L'uom non contempla mai
La celestial beltà!

ERO: O deïforme! olimpico!
Bello siccome un Nume
M'appari e t'arde il lume
Del genio e dell'amor.
Pende la dolce sposa
Di tue parole al balsamo,
E se il tuo labbro posa
Ode il silenzio ancor.

A DUE: Avvinti come gemine
Colonne dorïensi,
Cinti dai lacci immensi
D'un fascino immortal,
Vieni, insertial le palme,
Vien, confondiamo i palpiti,
Vien, congiungiamo l'alme
Nell'aura sideral.
(Lungo silenzio.)

(recording ends.)

ERO: Vieni al giaciglio e la stanchezza molci
Che t'occùpa le membra. Il molle crine
Ti astergerò colle carezze mie.

LEANDRO: O sposa! o sposa!

ERO: (Sedendo sulla pelle di leopardo.)
Come l'onde assurre
Confondon per amor davanti ad Illio
Simoènta e Scamandro, e tu confondi
Il tuo spiro col mio...

LEANDRO: Ero!

ERO: Leandro! (Guardando la clessidra)
L'ora passa.

LEANDRO: T'inganni. Alle amorose
Vigilie norma non impone il tempo,
E un solo bacio è un'Olimpiade intera.
M'ami?

ERO: Se t'amo? e tu? m'ami?

LEANDRO: T'adoro.

ERO: Morir vorrei fra le tue braccia...come
La cadenza d'un arpa. Ah! dolce cosa
Saria la morte...

LEANDRO: (Sorgendo: )
Tu morir? ... fuggire,
Fuggir piuttosto. Ascolta, assai fidammo
Nel notturno mister; il tuo periglio,
Sposa, pavento. A più serena piaggia, a più tranquilla
Solitudine andiam. In mar domani
Recherò una barchetta e salperemo
Per ignoto orizzonte, innamorati
Navigatori colle vele al vento.

A DUE: Andrem sovra i flutti profondi
In traccia dei ceruli mondi
Sognati dal nostro pensier,
In traccia d'un rorido nido,
In trccia d'un florido lido
Ignoto a mortale nocchier.

Andrem dove nasce l'aurora,
Andrem dove il mare s'indora
Dei vaghi riflessi del sol,
Coi baci sul labro, col riso
Nel core, coll'estasi in viso,
Avvinti in un placido vol.

(recording ends.)

( Scoppia un tuono spaventoso. Per un istante Leandro ed Ero scossi dall'estasi rimangono muti si sorpresa e d'orrore. Lampeggia, tuona, l'uragano si fa terribilmente violento.)

LEANDRO: Un uragano!

ERO: Precipizo! Morte!
Egìoco Giove adunator de'nembi,
Folgorante! Tuonante! aita! aita!
Siam perduti...! Leandro, ah!... mi sorreggi.
Dar lo squillo io dovrei delle tempeste
Con quella tuba al mar...per evocare
I sacerdoti... ed Ariofarne...al rito
Della scongiura... qui... dove noi siamo...
M'intendi tu? ... dove noi siam ... nè fuga,
Nè salvezza oramai, nè nas condigllio
Havvi per te...

LEANDRO: (Risoluto.) Tu dà fialto alla tromba,
Io mi getto nel mar.

ERO: Ah! Folle! guata!
(Lo conduce con tragica veemenza al verone.)
Già i fiotti immani flagellan la torre!

(La bufera diventa dempre più terribile, scoppiano i fulmini e solcano il tratto di cielo che si vede dal verone. Le figure dei due amanti sono ad ogni momento illuminate da vivissimi lampi.)

LEANDRO: Ero mia... no... non tremare,
Ti prosterna al sacro orror.
Vedi, è il ciel che stringe il mare
Nel deliro dell'amor.

ERO: ( Côlta da una reminiscenza fatale.)
Spavento! turbinano
Sconvolte l'onde!
Crollan, rigurgitano
Alte e profonde,
E sull'equorea
Terribil ira
Piomba la dira
Furia del tuon!

LEANDRO: Vieni e in mezzo alla ruina
Fortunal che ha il mar travolto, Beami ancora, Ero divina,
Col fulgor del tuo bel volto
Mentre il tuon ripete al tuono
Il titanico richiamo,
Sul tuo cuore io m'abbandono
E ripeto: Io t'amo!

ERO: Io t'amo!

( S'ode dai piedi della torre la fanfara sacra d'Ariofarne, idi mano mano che la scena incalza s'udrà il seguente coro salire e avvicinarsi.)

CORO INTERNO: Cospargiamo di magico farro
L'onda irata del turgido mar,
E sia freno sia diga, sia sbarro
Che ti possa, o Nettuno, placar.

ERO: Ah!

LEANDRO: Sposa mia! Tu tremi?

ERO: (Origliando.) Taci ... taci...

LEANDRO: Che origli tu?

ERO: (Con un grido di disperato spavento) Le trombe d'Ariofarne!

LEANDRO: Nulla ascolto.

ERO: Sì ...sì ... lo squillo... io l'odo
Fra i fulmini... fra i venti... io non m'inganno...

LEANDRO: È la bufera.

ERO: È Ariofarne! è Ariofarne!

LEANDRO: (Tenta svincolarsi.)
Mi lascia.

ERO: Ha l'uragano
Sete di sangue! Resta.

LEANDRO: Io vo'salvarti.
(La fanfara sempre più vicina.)
Già; s'avvician le tartaree trombe.

ERO: Pietà! pietà! pietà !

LEANDRO: (Con affettuoso violenza si scioglie.)
Forse domani
Fuggieremo al seren. Addio.

ERO: (Sfinita.) Leandro,
Deh! non perir. Ti salva.

LEANDRO: (Con un piede sul verone.) Addio!

ERO: Ti salva!

LEANDRO:

L'amore è forte.
Più della morte!
(Spicca il salto. Scoppia un fulmine.)

Scena Ultima. Ero, Ariofarne, e Cori.

(Ero balza de terra e con impeto irragionata corre alia face per portarla al verone, ma già apparisce alla rampa Ariofarne. Lo segue la fanfara. Pirofori, sacerdoti colle are, colle torcie. La face d'Ero le cade dalle mani e rimane a terra spenta e fumante.)

CORO E ARIOFARNE:
Cospargiamo di magico farro
L'onda irata del turgido mar,
E sia freno, sia diga, sia sbarro
Che ti possa, o Nettuno, placar.

(Questa scongiura sarà cantata dal coro rivolto verso il verone e prostrato, mentre Ariofarne sparge il farro rul mare. L'uragano è sempre violento. Ma non lampegia. Ero immobile. )

ERO: (Con uno slancio in erno dell'anima.)
(Ah! forse è un immortale!)

ARIOFARNE: (Fissandola tenacemente.) Ero. La tromba
Non udii risuonar delle tempeste;
E perchè non l'udii? sai che fatale
Tal colpa esser potrebbe? (Ironico.) O giovanetta
Esploratrice nei sogni smarrita.
Nulla rispondi? Quella face a terra
Perchè? (Incalzando le domande e scrutandola.)
Perchè trepida tanto? forse
Che paventi del tuon? Perchè al verone
Guizza il tuo seguardo? e questo fiore al suolu
Qual tòrtore fedele ti ha portato
Su questa rôcca ove i Leandri indarno
Vorrebbero allignar? Rispondi!

ERO: (Fra sè, guardando il verone da dove s'è gettato Leandro.)
(Giove
Un baleno m'invia che m'assecuri
Ch'egli è salvo).

ARIOFARNE: (La afferra e la conduce più presso al verone.)
Nel buio tu sogguardi?
Sta ben, fanciulla, lo esploriamo insieme.
(Terribilmente.) Perchè tremi in mia man? vergine?

ERO: (Un lampo!)

(Scoppia il fulmine, il nuro del fondo dirocca, attraverso quello squarcio si vede il mare e sopra uno scoglio il cadavere sanguinante di Leandro.)

ARIOFARNE: (Con immensa e feroce gioia accennando qualcosa in mare. )
Eccolo!

ERO: (Cade.) Ah!

ARIOFARNE: Morto! sovra il duro scoglio
Cadavere percosso e sanguinante.
(Guarda Ero distesa sul suolo. S'avvicina ad Ero, la tocca.)
Ah! un fulmine mi colga!
Vendicato no son!! ... È salva!! È morta!! ...

(Il coro si prostra, Ariofarne si china sulla salma di Ero.)

CORO INTERNO:

Beati spirti,
Sian vostro talamo,
Sian vostro nido
Le argentee sirti.
E al pio nocchiero
Sia sacro il lido
Dove s'amarono
Leandro e Ero.

cala la tela

As transcribed by John Mucci from the libretto published for the original Metropolitan Opera production in New York in 1899 by F. Rullman. Any new material, editorial material, and the HTML coding is reserved as being copyright ©1996-2012 John Mucci.

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